La Federazione CIMO-FESMED pubblica il dossier “Dimenticati - Ritratto dei medici ospedalieri a cinque anni dall’inizio dell’emergenza Covid-19” con i risultati di un sondaggio a cui hanno aderito 2.168 camici bianchi: il 72% lavora più di 38 ore a settimana, il 38% ha più di 50 giorni di ferie accumulati. Crollate le aspettative di crescita professionale, di carriera e retributive nutrite durante la pandemia
Roma, 17 febbraio 2025 - A cinque anni dall’inizio dell’emergenza Covid-19 in Italia, il 76% dei medici ospedalieri ritiene che il Servizio sanitario nazionale sia peggiorato ed il 58% pensa che il proprio lavoro abbia subito dei cambiamenti negativi. Sono i due dati più significativi che emergono da un sondaggio promosso dal sindacato Federazione CIMO-FESMED (a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) a cui hanno risposto 2.168 medici dipendenti del SSN e che consente di dipingere il ritratto dei medici ospedalieri, rappresentato nel dossier “Dimenticati”.
Esiste un enorme problema di Governance del sistema sanitario, in un paese in cui Governo e Regioni continuano a rimpallarsi responsabilità e decisioni, ma nessuna delle due istituzioni appare essere oggi, e da troppo tempo, interlocutore dei medici.
Non si parla più con i medici ma si continuano a immaginare scenari e ad elaborare leggi tampone che non fanno altro che destrutturare il ruolo del medico nella società civile e nel rapporto con i cittadini. Occorrono un luogo e un sistema di confronto per una fattiva collaborazione tra medici e istituzioni, centrali e periferiche, per l’evoluzione del SSN che parta dalla salvaguardia della sanità pubblica e dei suoi professionisti. Vogliamo un sistema che torni a mettere la salute pubblica al primo posto, costruito attorno alle esigenze delle persone e non alle logiche economiche. Serve un nuovo patto per la salute, che nasca dal confronto tra medici, istituzioni e cittadini, per costruire insieme un modello di sanità che sia davvero inclusivo, umano e sostenibile. È fondamentale garantire alle persone minori un accesso equo ai servizi sanitari su tutto il territorio nazionale e all'interno delle singole regioni è un obiettivo imprescindibile: investire sui medici e sui pediatri significa tutelare la salute del futuro capitale umano della Nazione. In quest’ottica, l’area pediatrica riveste un ruolo strategico per garantire un monitoraggio e un intervento tempestivo sui bisogni di salute della popolazione più giovane, promuovendo la prevenzione e riducendo le disuguaglianze di accesso ai servizi essenziali. Il lavoro del medico manca oggi delle tutele più elementari, oltre che dei requisiti minimi di sicurezza delle cure. L’assenza di attrattività della professione, la burocratizzazione, la mancanza di sicurezza, il mutato ruolo sociale, portano oggi i medici, anche delle nuove generazioni, a scegliere sempre più spesso di andare a lavorare nel privato o, peggio, all’estero. Un circolo vizioso che rende ancora meno accessibile la cura ai pazienti per carenze organizzative e di personale. La crescente burocratizzazione sta distogliendo i medici dal loro compito principale: prendersi cura delle persone.
CIMO-FESMED: «Modalità ancora non definite. La professione al centro dell’incontro del 25 gennaio»
Roma, 13 gennaio 2025 - Il sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED smentisce le voci che stanno circolando in queste ore sulla stampa in merito ad un imminente sciopero della categoria. «Sebbene il malcontento ed il disagio dei medici siano palpabili, le modalità della protesta non sono ancora state definite, e saranno discusse il prossimo 25 gennaio nel corso di un incontro dei direttivi nazionali delle organizzazioni sindacali più rappresentative dei medici dipendenti e convenzionati» dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED (a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED).
«Come CIMO-FESMED – aggiunge Quici - intendiamo chiedere alle Istituzioni risposte immediate su alcuni temi che riguardano strettamente la professione: la definizione puntuale di atto medico che ponga un freno al costante task shifting di attività mediche verso altri professionisti sanitari; la depenalizzazione dell’atto medico che consenta ai medici di lavorare serenamente, abbattendo anche i costi della medicina difensiva che ammonta a circa 13 miliardi l’anno; la rivendicazione della presenza di rappresentanti dei medici in tutti gli organi che definiscono l’organizzazione ed il funzionamento del Servizio sanitario nazionale».
«Sono questi i temi che porremo all’attenzione dei colleghi a fine mese. Si tratta dunque di argomenti legati strettamente al nostro ruolo, e non di mere rivendicazioni sindacali che saranno discusse in altre sedi, a partire dalla trattativa in Aran per il rinnovo del contratto dei medici dipendenti del SSN che sta per avviarsi».
«Lo ripetiamo ancora una volta: senza medici non c’è salute. È tempo che tutti se ne rendano conto», conclude.
Quici (CIMO-FESMED): «Occorre inversione di tendenza. Senza medici non c’è salute»
Roma, 9 gennaio 2025 - «L’allarme lanciato dalla Fondazione GIMBE in merito ai tagli alla spesa per il personale sanitario negli ultimi 11 anni si unisce ai numerosi segnali d’avvertimento lanciati di recente dalle principali istituzioni contabili del Paese, dalla Corte dei Conti alla Ragioneria dello Stato. Segnali che sposano la posizione assunta dai sindacati del settore ormai da anni: senza il personale sanitario, il diritto alla tutela della salute è seriamente a rischio. E senza una vera inversione di marcia volta a valorizzare i professionisti, il Servizio sanitario nazionale è destinato al fallimento» dichiara Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED.
«Eppure – aggiunge - tale inversione di tendenza, sebbene ritenuta imprescindibile da tutti gli attori che in qualche misura si occupano di sanità, non è all’orizzonte. La legge di Bilancio prevede solo finanziamenti spot che non consentono di ripescare il SSN dall’abisso in cui al momento si trova. E per i medici non riserva nulla, se non un vergognoso aumento dell’indennità di specificità medica pari a 17 euro mensili».
«Ci si riempie la bocca della necessità di rendere nuovamente attrattivo il lavoro del medico ospedaliero, ma intanto tutti i contratti collettivi dei medici risultano scaduti: da tre anni quello dei medici dipendenti del SSN, e si attende ancora l’emanazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative; da un anno e mezzo quello dei medici dipendenti di strutture sanitarie private afferenti all’ARIS; da 20 anni, ed è senz’altro il fatto più vergognoso, quello dei medici dipendenti delle strutture sanitarie private afferenti all’AIOP», continua Quici.
«Forse non risulta abbastanza chiaro che senza medici non c’è salute. E se non si interviene prontamente con interventi efficaci, ben presto le corsie degli ospedali saranno vuote», conclude